Recensioni - Opera

Un Attila corrusco e guerriero al Festival Verdi

Tinte forti e grandi contrasti per il titolo giovanile in scena al Teatro Regio

Una sorta di filo rosso lega tra loro le tre nuove produzioni del festival Verdi 2018, in relazione al loro rapporto con l’opera francese. Se infatti la versione considerata definitiva di Macbeth è quella che debuttò a Parigi nel 1865, anche se qui si è eseguita l’edizione fiorentina del 1847, e Le Trouvère è la versione francese del ben più rappresentato Trovatore, Attila fu la prima opera cui Giuseppe Verdi pensò per il suo debutto all’Opéra di Parigi, prima che la scelta cadesse sui Lombardi alla prima crociata. La presenza di alcune Soluzioni visive quali l’alba sulla laguna, il sogno di Attila, oppure scene notturne illuminate dalla luce delle torce, denotano un interesse di Verdi verso lo stile grandoperistico ed anticipano le atmosfere corrusche del successivo Macbeth.

 

Il regista Andrea De Rosa firma per il Teatro Regio uno spettacolo di impianto sostanzialmente tradizionale, che tende ad esaltare la componente barbarica dell’opera. All’inizio infatti assistiamo a scene di violenza degli unni sui prigionieri, ed anche lo stesso Attila viene presentato come un barbaro spietato e crudele. Interpretazione questa che in parte stride con ciò che è rappresentato nella vicenda, in cui il protagonista emerge invece come l’unico personaggio positivo, circondato da ambigui cospiratori. La scena, progettata dallo stesso De Rosa è caratterizzata da un muro squarciato sul fondo, dietro al quale si intuiscono i vari luoghi citati nel libretto e sul quale si realizza un suggestivo gioco di ombre grazie alle luci di taglio espressionista firmate da Pasquale Mari. I costumi di Alessandro Lai rimandano genericamente al tardo ‘800.

 

Gianluigi Gelmetti, alla testa della Filarmonica Arturo Toscanini opta per una lettura di stampo guerriero: tempi stringati, grandi contrasti e sonorità un po’ pesanti, che, se da una parte contribuiscono a mantenere il ritmo sempre incalzante e sostenuto, dall’altra ostacolano una lettura più approfondita della partitura.

Riccardo Zanellato è un Attila vocalmente solidissimo e credibile nell’interpretazione. Il timbro è pieno e rotondo ed il fraseggio è sempre morbido e duttile. Maria José Siri è un’Odabella più a suo agio nel versante guerriero -impetuosa l’aria di sortita “Allor che i forti corrono”- rispetto a quello lirico. l’Ezio di Vladimir Stoyanov, oltre ad essere molto ben cantato, è anche un personaggio estremamente sfaccettato e convincente. Francesco Demuro ha una bella linea di canto ma la voce appare troppo chiara per un ruolo come Ezio, che lo costringe a qualche difficoltà nell’acuto. Corretti Paolo Battaglia (Leone) e Saverio Fiore (Uldino).
Come sempre di ottimo livello la prova del Coro del Teatro Regio preparato da Martino Faggiani. Calorosissima la risposta del pubblico.

Davide Cornacchione 13 ottobre 2018