Recensioni - Opera

Una Bohème di tradizione chiude il 2018

Il capolavoro pucciniano al Teatro Filarmonico nello storico allestimento di Giuseppe Patroni Griffi

La Fondazione Arena ha chiuso il 2018 con Bohème di Giacomo Puccini, nell’allestimento firmato da Giuseppe Patroni Griffi per il Teatro Regio di Torino nel 1996, in occasione del centenario della prima rappresentazione. Si tratta di una Bohème di impianto tradizionale, nel quale le scene firmate da Aldo Terlizzi Patroni Griffi rispecchiano fedelmente le indicazioni e del libretto.

 

Le ambientazioni ricalcano un’iconografia consolidata: la soffitta con la grande vetrata, il classico bistrot nel quartiere latino, le cancellate della Barriera d’Enfer, sotto una copiosa nevicata che, ad apertura di sipario, provoca sincera meraviglia sul pubblico. Nonostante i 22 anni di età lo spettacolo funziona egregiamente: non interpreta ma racconta in modo efficace e riesce ad appagare l’occhio dello spettatore. Forse, rispetto al debutto, si è persa parte delle intenzioni registiche originali, tanto che le azioni dei protagonisti appaiono a volte convenzionali e senza particolari guizzi. A questo vanno aggiunte le ridotte dimensioni del palcoscenico del Teatro Filarmonico rispetto a quello torinese, che portano a comprimere le scene di massa, tant’è che il secondo atto risulta a volte un po’ ingolfato. Il tutto scorre comunque via in modo gradevole ed efficace, nonostante il mancato accorpamento dei singoli atti ed il conseguente mantenimento di tutti e tre gli intervalli diluisca la tensione drammatica.

 

Sul podio il maestro Francesco Ivan Ciampa, che già aveva convinto in occasione della Carmen inaugurale del festival estivo, si conferma concertatore raffinato, attento alle dinamiche ed ai colori orchestrali. La narrazione è fluida, attenta alle pulsioni emotive della partitura, ed anche il sostegno delle voci è sempre adeguato.

La replica cui abbiamo assistito schierava il secondo cast che, nel complesso, si è mostrato adeguato.
Della coppia protagonista è parsa più convincente la Mimì di Eunhee Kim, che ha sfoggiato un buon timbro soprattutto nel registro medio acuto, mentre il Rodolfo di Francesco Pio Galasso, dotato di voce robusta nei centri, ha dato l’impressione di essere in difficoltà nel passaggio di registro, di conseguenza gli acuti risultavano spesso sforzati.

Valido il gruppo degli amici bohémienne costituito da Gianfranco Montresor, un Marcello dal timbro morbido e dal fraseggio espressivo, Nicolò Ceriani, uno Schaunard dalla voce incisiva e Francesco Leone, un efficace Colline, distintosi per l’ottima esecuzione di Vecchia zimarra.
Adeguata la Musetta di Hyao Bo Hui, puntuali sia Roberto Accurso nel doppio ruolo di Benoît e Alcindoro, che Gregory Bonfatti in Perpignol.
Calorosa al termine la risposta del pubblico.

Davide Cornacchione 29/12/2018