
Il Malandain Ballet Biarritz debutta in prima mondiale al Teatro Romano con una coreografia ispirata ai due innamorati
Impresa non facile quella di creare un balletto dallo stile asciutto ed essenziale sulle imponenti (e, diciamolo, anche un po’ retoriche) musiche della Sinfonia drammatica “Romèo et Juliette” di Hector Berlioz. Impresa che però si può dire sia pienamente riuscita al Ballet de Biarritz, guidato dal suo maître de ballet Thierry Malandain, nella nuova coreografia basata sul celebre dramma shakespeariano, che ha debuttato in prima mondiale al Teatro Romano di Verona.
Partendo da una drammaturgia che non si svolge in modo cronologico, ma rimescola le carte della vicenda racchiudendo il tutto in una sorta di anello (apertura e chiusura avvengono infatti nella tomba dei Capuleti), Malandain decide di assegnare il ruolo dei due amanti a tutti i ballerini della compagnia, costruendo sequenze in cui le emozioni vengono amplificate attraverso un gioco di reiterazione delle azioni.
Il tutto si svela in maniera evidente a partire dalla scena d’amore, che non è più il classico passo a due, ma un divenire di passi in cui tutte le coppie si succedono in un processo di scomposizione che però non penalizza mai la fluidità della scena. Lo stesso vale anche per le bellissime sequenze del matrimonio e del suicidio nella tomba, in cui la ripetizione dei singoli passaggi carica ancora più di pathos i singoli momenti.
Dal punto di vista scenografico Malandain sostiene di essersi ispirato all’arte povera italiana degli anni ’60 del ‘900: unici elementi scenici sono pertanto dei bauli di alluminio, uno per ogni coppia, che, a seconda della loro disposizione, possono diventare tomba, letto nuziale, balcone o luogo in cui nascondersi. Discorso analogo per i costumi, scelti volutamente semplici e di seconda mano ma usati in modo da creare efficaci suggestioni.
Tra gli interpreti spiccano, oltre ai due Romeo e Giulietta “titolari” di Giuseppe Chiavaro e Silvia Magalhaes, il frate Lorenzo di Frederik Deberdt, che svolge la funzione di narratore e punto di riferimento della vicenda e lo spigliato Mercuzio di Arnaud Mahouy, proposto in una scanzonata e divertita caratterizzazione in perfetto stile Regina Mab.
Uno spettacolo quindi che nella sua essenzialità e semplicità ha saputo catturare il pubblico del Teatro Romano che ha ricambiato tutti gli interpreti con applausi tanto calorosi quanto meritati.
Davide Cornacchione 27 agosto 2010