
La Tetralogia torna alla Scala con la regia di David McVicar a dieci anni dall’edizione diretta da Daniel Barenboim
Die Walküre è senza dubbio il titolo più popolare e conosciuto dal pubblico italiano, forse perché è quella che si accosta maggiormente al nostro gusto, essendo la più lirica tra le opere della tetralogia. I personaggi sono più empatici, pochi recitativi, più melodie e arie brevi. Si ripete il motivo della spada, estratta dal tronco di frassino, che diventa uno degli elementi centrali della vicenda, insieme al tema dell’amore che vince ogni legge e ne crea una sua per migliorare il mondo.
I corni del primo atto ricordano Wotan, anche se lui non è presente e raccontano dello straniero che ha introdotto la spada nella roccia. L’amore incestuoso di Siegmund e Sieglinde cambia tutte le leggi e stravolge la storia e la vita dei protagonisti, che ne sono soggiogati e vinti. La cavalcata delle valchirie, pezzo musicale famosissimo. Brünnhilde che capisce l’amore e per questo nuovo e dirompente sentimento disubbidisce al padre cercando prima di difendere Siegmund e poi portando in salvo Sieglinde e il bimbo che porta in grembo. La ninna nanna che Wotan canta per addormentare la figlia. L’incantesimo del fuoco. Sono i momenti culminanti che trascinano l’immaginazione e l’ascolto in questo mondo che, pur essendo fiabesco, veicola una critica al potere e alle convenzioni della società.
Le passioni sono espresse dai Leitmotive, che il compositore definì appunto “vettori di flussi di passioni”.
Per poter gustare Wagner bisogna lasciarsi andare ad un ascolto istintivo, lasciar da parte la ragione e ascoltare. Come ho già accennato, la difesa dell’amore, anche se incestuoso, è una denuncia della corruzione sociale, dei contratti e convenzioni in vigore, ed infatti Wotan, il promulgatore di tali leggi, sarà da esse travolto e perderà la sua figlia prediletta, Brünnhilde e i due gemelli nati da un amore terreno.
Ci sono tanti momenti in cui i personaggi si confrontano, padre e figlia, sorella e fratello, ma sempre con al centro l’amore che aiuta, sorregge; amore forte e rivoluzionario in contrapposizione con la legalità e la giustizia. La scena della Cavalcate delle Walchirie è l’unica scena corale dell’opera in quanto Wagner non amava il coro che non considerava un personaggio. Nella tessitura drammaturgica musicale l’orchestra ha il compito non solo di accompagnare le voci e i personaggi, ma di dire sempre la verità.
Ma veniamo a questa sublime edizione scaligera, dove tutto era perfetto, partendo dalla regia di David McVicar che era un tutt’uno con la drammaturgia musicale. Mai regia di quest’opera fu più bella!
Il racconto si è svolto in una magica atmosfera dove gli oggetti scenici rafforzavano l’azione. David McVicar e Hannah Postlethwaite hanno creato le scene. Iniziamo dal primo atto, caratterizzata dal frassino intrecciato con altri due alberi, che sembrava lo sostenessero, a significare il padre e i figli. Sul fondo, a indicare la prigione in cui era rinchiusa Sieglinde, una grata che è scesa quando i due gemelli sono rimasti soli, per poi riempirsi di colore e alzarsi quando ha vinto in loro l’amore.
Nel secondo atto si rappresenta il mondo imprigionato da Wotan con dei monoliti intagliati che si smuovevano a formare i campi di battaglia. Nel terzo atto la testa di Wagner rappresentava la rupe del campo delle Walchirie, che, nel finale quando Wotan addormenta Brünnhilde, si apre in due mostrando all’interno una mano che farà da culla alla fanciulla addormentata. D’effetto il fuoco che avvolge la caverna e costudirà Brünnhilde e le altre magiche video proiezioni di Katy Tucker.
Veramente geniale la soluzione pensata per i cavalli delle Walchirie: uomini che saltellavano su specie di trespoli fatti a forma di gamba di cavallo, con una imbragatura che terminava con una testa di cavallo. David Greeves era il maestro d’armi e delle prestazioni circensi, di questi acrobati...a cavallo! Bellissime le luci di David Finn che hanno caratterizzato i passaggi dal giorno alla notte e anche la nascita dell’amore con toni caldi e avvolgenti. Efficaci le coreografie di Gareth Mole e i costumi di Emma Kingsury.
Il Maestro Alexander Soddy ha diretto l’Orchestra del Teatro alla Scala, rinforzata da parecchi elementi per creare l’organico necessario per la musica Wagneriana. Il suono è sempre stato compatto e coeso, bellissimo e limpido, non ha mai coperto i cantanti.
Tutti i cantanti sono stati all’altezza del loro compito per cui non ripeterò per ognuno che sono stati magnifici, con vocalità wagneriana perfetta, suono limpido e sempre modulato in tutti i registri, presenza scenica spontanea. Nel prestigioso cast spiccano Michael Volle, Wotan, Camilla Nylund come Brünnhilde, Klaus Florian Vogt come Siegmund, Günther Groissböck come Hunding, Okka von der Damerau come Fricka, Elza van den Heever come Sieglinde. Da ricordare anche tutte le cantanti che hanno dato vita alle otto sorelle Walchirie: Caroline Wenborne, Kathleen O’Mara, Olga Bezsmertna,, Stephanie Houtzeel, Eva Vogel, Virginie Verrez, Eglė Wyss, Freya Apffelstaedt.
Al termine di ogni atto e alla fine applausi scroscianti e convinti per tutti. Meritatissimi perché si tratta di una produzione che gli amanti di Wagner ricorderanno a lungo.
Vorrei concludere con le parole di Friedrich Nietzsche dedicate alla Tetralogia: “Di Wagner musicista si potrebbe dire in generale che ha dato un linguaggio a tutto ciò che nella natura non aveva ancora potuto parlare: egli non crede che ci debba essere qualcosa di muto. Si immerge anche nell’aurora, nella foresta, nella nebbia, nel burrone, nella cima del monte, nel brivido della notte e nello splendore della luna, e scopre in lloro un desiderio segreto: essi vogliono anche risuonare”.