Recensioni - Opera

VERONA: Amleto: quando la parola non si trasforma in teatro

Anche un festival di lunga storia e indiscusso blasone, quale il Festival Shakespeariano di Verona, è costretto ad ingegnarsi per...

Anche un festival di lunga storia e indiscusso blasone, quale il Festival Shakespeariano di Verona, è costretto ad ingegnarsi per far fronte alla precaria situazione della prosa in Italia. Questo almeno è ciò che è emerso a conclusione della prima rappresentazione dell’Amleto raccontato da Gabriele Lavia, quando, durante gli applausi, il celebre attore ha confessato di essere stato contattato a primavera dall’organizzazione dell’Estate Teatrale Veronese e di aver ricevuto un invito ad occuparsi delle nuove produzioni, non essendoci sulla piazza proposte significative dedicate al Bardo di Stratford per l’estate 2007.
Chi ha familiarità con il teatro sa che allestire in pochi mesi due produzioni shakespeariane di livello, in un periodo di sovvenzioni elargite col contagocce, non è cosa facilissima, neanche per un affermato professionista. Da ciò è quindi nata questa soluzione compromissoria del Molto rumore per nulla in forma scenica, di cui si è già riferito, e dell’Amleto in forma di monologo che ha debuttato giovedì 19 luglio al Teatro Romano.
Avvalendosi solo di una sedia e di un leggìo, dal quale si è staccato per pochi momenti, l’attore-regista si è esibito per quasi quattro ore in una dotta dissertazione sulla celebre tragedia Shakespeariana, secondo uno schema che prevedeva l’alternarsi di alcune riflessioni sul testo alla lettura di intere scene, nelle quali l’unico interprete si accollava l’onere di dare voce a tutti i personaggi coinvolti.
Lavia è però un attore puro di prosa, non appartiene alla schiera degli “affabulatori da monologo” quali Paolini, Celestini, Bergonzoni o Lella costa (peraltro recentemente vista qui a Verona proprio in un’intrigante rilettura di Amleto) e questo ha pesato non poco sulla riuscita complessiva dello spettacolo.
Senza voler nulla togliere alla maiuscola ed assolutamente indiscutibile prova d’attore, l’impostazione eccessivamente accademica, che prevedeva luci fisse, senza alcun apporto di musiche, ed ha ridotto i movimenti al minimo indispensabile, ha pesato non poco sulla spettacolarità dell’evento.
Diceva il grande Renato Simoni, indimenticato fondatore dell’Estate Teatrale Veronese: “El teatro xe azion, benedetto, no ciacole!” ed infatti una proposta del genere, che probabilmente avrebbe trovato la sua naturale collocazione in un’aula universitaria, non funzionava in uno spazio destinato allo spettacolo quale è il teatro, a maggior ragione se vasto ed imponente come il Teatro Romano. Sono tuttavia convinto che se, anziché imboccare questa via didattica, Lavia avesse giocato su corde più personali, sottolineando ancora di più la profonda riflessione sul mondo del teatro che in questo testo Shakespeare rappresenta, il successo sarebbe stato sicuramente maggiore. Dopotutto quello cui abbiamo assistito è l’ennesimo appuntamento della sua lunga carriera con il malinconico re di Danimarca, l’ultimo dei quali, risalente al 1984, è ancora nella memoria di molti, tra cui il sottoscritto, e del quale si percepiva ancora qualche eco nei passaggi in cui l’interprete si immedesimava nel protagonista.
Ed allora perché non approfittare di Amleto per una personale riflessione sul teatro? Perché Lavia non ha raccontato il suo Amleto, plasmatosi nei ripetuti incontri durante una pluridecennale carriera? Quante emozioni originali e vissute in prima persona ci sarebbero state regalate al posto delle molte chiose e riflessioni che, al contrario, si possono trovare nelle note a pié di pagina di qualsiasi edizione critica del dramma, se l’interprete avesse scelto di scavare nei suoi ricordi? La risposta del pubblico a questa singolare proposta non è stata uniforme: infatti se durante l’intervallo una parte non indifferente degli spettatori ha preferito non tornare al proprio posto, chi è rimasto sino al termine ha tributato un caloroso successo e grandi manifestazioni di affetto all’attore-mattatore.

Davide Cornacchione 19 luglio 2007