Recensioni - Opera

VERONA: Giselle, storia d’amore e morte

Giselle è il più celebre dei balletti romantici ed è andato in scena nel mese di aprile al teatro Filarmonico di Verona con la cor...

Giselle è il più celebre dei balletti romantici ed è andato in scena nel mese di aprile al teatro Filarmonico di Verona con la coreografia firmata dalla direttrice del corpo di ballo, Maria Grazia Garofoli.
La storia si rifà, nella prima parte, ad una poesia di Victor Hugo che narra di una ragazza che muore dopo una movimentata notte di danze e, nella seconda parte, ad una leggenda renana raccontata dal poeta tedesco Heinrich Heine che racconta di spiriti malvagi di giovani fidanzate tradite e morte prima delle nozze, le Villi, le quali, per vendicarsi, trascinano nella foresta giovani uomini allo scopo di farli ballare fino alla morte.
Il balletto debuttò per la prima volta all’Opéra di Parigi nel 1841 con la ballerina napoletana Carlotta Grisi nel ruolo di Giselle e con Lucien Petipa (fratello del più celebre coreografo Marius) in quello del principe Albrecht. Il libretto venne scritto dal letterato Théophile Gautier e dal drammaturgo Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges. Gautier era infatti innamorato della Grisi e pensando alle sue doti cercò un soggetto che mettesse in risalto le sue doti. L’Opéra accettò di buon grado il progetto, anche perché poco costoso, dal momento che prevedeva solamente due cambi di scenario.
L’allestimento veronese ha proposto un allestimento più “sfarzoso” nel secondo atto, trasportandolo nel giardino del castello di Albrecht, anche se la vicenda, eccetto che per il finale, si è svolta come di consueto.
Giselle infatti è una contadina e viene corteggiata dal guardacaccia Hilarion, il quale teme il rivale Loys (che in realtà è il principe Albrecht) che a sua volta corteggia Giselle facendola innamorare di sé e perciò ingannandola dal momento che ella lo crede della sua stessa estrazione sociale e naturalmente Giselle non pensa che egli possa anche essere già fidanzato.
La festa della vendemmia ha inizio e Giselle partecipa danzando con entusiasmo per quello che lei crede Loys, nonostante la madre la metta in guardia narrandole delle Villi.
La festa è interrotta dall'arrivo del principe di Curlandia e di sua figlia Bathilde (fidanzata di Albrecht) col loro seguito, di ritorno dalla caccia. Giselle danza per la principessa che le dona una collana di perle; in seguito la madre di Giselle li fa accomodare in casa (piccola differenza rispetto alla solita versione che prevede che i nobili tornino nel bosco), mentre nella piazza continua la festa contadina. All'arrivo di Loys-Albrecht, Hilarion, furente di gelosia lo smaschera e chiama col corno i nobili che subito escono dalla casa di Giselle. Albrecht, noncurante di Giselle, offre il braccio a Bathilde giustificandosi come semplicemente desideroso di svago tra le danze campestri. Giselle impazzisce di dolore e solitamente afferra una spada per trafiggersi (nella versione veronese c’è invece una pistola) e muore tra le braccia della madre.

Il secondo atto si svolge nel regno sovrannaturale delle Villi che con Myrtha, loro spettrale regina, accolgono Giselle tra loro. Quando le Villi percepiscono l'avvicinarsi di passi umani esse svaniscono; appare Albrecht che, dolente, posa dei fiori sulla tomba della fanciulla. Ad un tratto gli appare l’immagine di Giselle ed egli la segue tra gli alberi. Sopraggiunge anche Hilarion che però viene subito accerchiato dalle Villi che nella versione tradizionale lo fanno danzare sino alla morte. La stessa sorte toccherebbe anche ad Albrecht, che di solito però viene protetto dall’amore cristiano di Giselle che non è vendicativa come le sue compagne e lo salva.
La direttrice ha voluto dare un nuovo finale alla storia: Albrecht decide di salvare Hilarion e di morire al posto suo per ricongiungersi a Giselle. L’happy end è molto discutibile e senz’altro poco romantico: infatti stravolge l’idealizzazione romantica, al limite del sovrannaturale, della donna quale essere irraggiungibile, una sorta di nuova Beatrice o di Laura. Il fatto di arrivare a ricongiungersi fa crollare infatti il mito dell’impalpabilità e dell’evanescenza della stessa ottenuta attraverso il tutù di mussola bianca e con l’alta poeticità di alcuni passaggi coreografici.
Nella serata cui ho assistito Giselle è stata interpretata dall’ucraina Irina Dvorovenko che ha reso particolarmente bene la scena della pazzia commuovendosi ella stessa quasi fino alle lacrime ed ha usato le braccia in maniera straordinariamente soffice nel secondo. Albrecht è stato interpretato molto tecnicamente dal suo connazionale Maxim Belotserkovsky, mentre i ruoli di Hilarion e di Myrtha sono stati danzati in maniera convincente rispettivamente da Giovanni Patti e da Soimita Lupu. Particolarmente belli e curati erano gli abiti, soprattutto quelli della scena della caccia, curati da Gianfranco Padovani.

Sonia Baccinelli 30 aprile 2003