Recensioni - Opera

VERONA: Mercante di Venezia in “noir”

Nell’ambito della produzione shakespeariana il “Mercante di Venezia” può rientrare a pieno titolo nel gruppo delle “commedie nere...

Nell’ambito della produzione shakespeariana il “Mercante di Venezia” può rientrare a pieno titolo nel gruppo delle “commedie nere” insieme a titoli quali “Misura per misura” o “Il racconto d’inverno”. Anche in quest’opera infatti elementi comici e drammatici si fondono creando strani equilibri (o meglio disequilibri) per effetto dei quali Shylock che viene dipinto come il cattivo, ma un cattivo tratteggiato con toni spesso caricaturali, grotteschi, non appare più come l’unica figura veramente negativa. I “buoni”, i veneziani manifestano un cinismo forse superiore (basti vedere l’accanimento con cui affrontano l’ebreo dopo la sentenza che lo condanna) non possedendo peraltro quell’umanità che, se proprio non ci rende Shylock del tutto simpatico, ci muove ad essere quantomeno “simpatetici” con lui.
Cattiveria, ambiguità e ribaltamento delle prospettive: questi sembrano essere gli elementi sui quali si è imperniata la lettura del regista Luca de Fusco per questo nuovo allestimento che ha debuttato per il 58° Festival Shakespeariano al Teatro Romano di Verona. Una scenografia costituita da specchi rotanti nei quali si riflettevano gli attori, avvolti da luci radenti che, eccezion fatta per la scena del processo, hanno immerso la vicenda in un’atmosfera cupa e notturna.
A mio avviso tutto ciò ha penalizzato non poco l’aspetto comico del testo, complici anche alcuni tagli alle parti di carattere e ciò ha impedito di stemprare le tensioni che in corso d’opera si creavano, facendo perdere leggerezza all’insieme. Nonostante si intuisse che l’intento era stato quello di dare un taglio più moderno e più colloquiale ai personaggi, non a caso la vicenda era stata spostata negli anni ’30 del secolo scorso, la recitazione mi è parsa di impostazione tutto sommato classica e certi tentativi di “sporcare” mi sono sembrati il più delle volte delle forzature non del tutto riuscite.
Per quanto riguarda le singole prove: eccellente la prova di Eros Pagni, uno Shylock che esprimeva una grande dignità ed umanità; funzionali la Porzia di Gaia Aprea, più a suo agio nei panni maschili dell’avvocato che non in quelli della donna conquistatrice, ed il Bassanio di Max Malatesta; opportunamente ambiguo l’Antonio di Sebastiano Tringali.
Nel complesso un ensemble di attori corretti e puntuali, ai quali forse mancavano quella scioltezza e quella complicità che rendono una produzione veramente grande, ma trattandosi di un debutto ciò è comprensibile ed è lecito supporre che queste verranno nel corso delle future repliche. Davide Cornacchione 12 luglio 2006