Recensioni - Opera

VERONA: Si ride si riflette e ci si commuove con l’Alice di Lella Costa

Il teatro di Lella Costa è Lella Costa stessa. Quando si va ad assistere ad un suo spettacolo si va comunque per sentire lei, quas...

Il teatro di Lella Costa è Lella Costa stessa. Quando si va ad assistere ad un suo spettacolo si va comunque per sentire lei, quasi indipendentemente dal testo che mette in scena, tale ormai è l’abilità nel costruirsi testi su misura ed allo stesso tempo ritagliarsi spazi personali all’interno dei testi che porta in scena.
Si potrebbe considerare questa straordinaria attrice come una sorta di cantastorie, di cui ogni nuovo spettacolo altro non è che un ulteriore tassello alla sua analisi del mondo in cui viviamo, come si può dire di altri interpreti quali Paolini o Bergonzoni.
Questa nuova Alice, arrivata a Verona per la rassegna"Il grande teatro" fresca di debutto, è una riflessione sui bambini e sulla loro situazione all’interno della nostra società, che viene beffardamente definita nel titolo come “meraviglia di paese” ma che ben poco ha a che spartire con il “migliore dei mondi possibili” leibnitziano.
Senza perdere di intensità nemmeno per un istante (nonostante qualche trascurabile inciampo dovuto al recentissimo debutto) Lella-Alice ci porta oltre lo specchio della nostra ipocrisia e della nostra indifferenza e tra una battuta spiritosa ed un sorriso amaro ci ricorda che tutti gli adulti sono un tempo stati bambini, ma i sogni e l’innocente ingenuità di allora si sono ormai piegati al cinico pragmatismo che ormai ci rende capaci di tutto ed impermeabili a tutto.
Molti sono i temi che vengono toccati e sarebbe sterile elencarli in modo pedante. Basti solo dire che una volta ancora abbiamo assistito alla prova di una grande attrice, a cui forse in corso d’opera non sono stati tributati tutti gli applausi a scena aperta che avrebbe meritato, ma, se posso riferire un’impressione strettamente personale, in più di un’occasione l’imbarazzo che provavo nel confrontarmi con il messaggio che veniva lanciato e nel quale io colpevolmente non potevo non identificarmi bloccava lo slancio che un’altra parte di me avrebbe voluto tributare all’interprete.
Il teatro contemporaneo ha ormai quasi completamente perso quella funzione politica e sociale che era alla base del teatro delle origini. Il teatro di Lella Costa fortunatamente no.

Davide cornacchione 1/2/2005