Il 58° festival shakespeariano dell’Estate Teatrale Veronese ha inaugurato con una bellissima edizione del “Sogno di una notte di ...
Il 58° festival shakespeariano dell’Estate Teatrale Veronese ha inaugurato con una bellissima edizione del “Sogno di una notte di mezza estate” curata dal regista Tim Supple, recitata per metà in lingua inglese e per metà ricorrendo a dialetti dello Sri Lanka; proposta questa che avrebbe potuto costituire un ostacolo per chi non conoscesse già almeno la trama, nonostante l’aiuto offerto dai sovratitoli in italiano. Nonostante questo lo spettacolo si è rivelato estremamente affascinante e coinvolgente in virtù di una regia che ha privilegiato una recitazione di stampo fisico anziché di parola. Contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato da uno Shakespeare di matrice anglofona infatti, in questo Sogno l’aspetto verbale passava in secondo piano in funzione di una lettura in chiave etnica in cui danze, duelli tribali e coreografie si fondevano in un unicum variopinto e dinamico.
Basato sull’idea del “Midsummer day” e dei “Rite of May”, ovvero cerimonie pagane propiziatorie, il Sogno di uan notte di mezza estate racchiude al suo interno una forte componente sensuale e sessuale, che raramente ho visto emergere in altri allestimenti come in questo. Dopo tanti Sogni “d’aria” ecco un Sogno “di terra”, in cui anche gli spiriti manifestavano una spiccata carnalità nelle loro dinamiche di seduzione.
Estremamente essenziale l’apparato scenografico che si basava su una pedana ricoperta di terra rossa ed una sorta di praticabile di legno sul fondo, mentre dall’alto venivano calate funi e liane che, strizzando qua e là l’occhio a Peter Brook, si trasformavano in bozzoli all’interno dei quali i personaggi si addormentavano.
Eccellente l’ensemble degli attori, dal quale non emergeva il singolo talento ma la maiuscola prova dell’intero gruppo nella sua omogeneità, fornendo un esempio di complicità ed affiatamento purtroppo estranei al teatro italiano.
Al termine meritati e convinti applausi da parte di un Teatro Romano coinvolto e partecipe.
Davide Cornacchione 23/06/2006