
Markus Stenz dirige in modo convincente la partitura
Al Teatro Malibran di Venezia è andata in scena Der Protagonist, opera di rarissima esecuzione del compositore tedesco Kurt Weill, nato a Dessau nel 1900.
Si tratta della sua prima opera per il teatro musicale, andata in scena alla Semperoper di Dresda il 27 Marzo del 1926. Per questo debutto Weill si avvalse dell’omonima pièce dello scrittore e drammaturgo Georg Kaiser, musicando il dramma senza quasi variazioni.
È un gioco metateatrale ambientato all’epoca di Shakespeare: una compagnia deve mettere in scena per un Duca prima una commedia, poi una pantomima comica, poi una pantomima tragica, a seconda dei capricci del volubile mecenate e dei suoi ospiti. Curiosa e singolare l’assonanza con quanto accade nel prologo dell’Ariadne auf Naxos di Richard Strauss, andata in scena solo dieci anni prima a Stoccarda, in cui un’altra compagnia di guitti e l’autore di una seriosa tragedia sono parimenti alle prese con un committente che pretende variazioni dell’ultimo momento.
Da una parte abbiamo perciò una piccola Literaturoper, cioè un’opera che non si avvale di un libretto apposito, ma attinge direttamente ad un testo letterario preesistente, come accadde per il Wozzeck di Berg. Dall’altro il teatro che racconta sé stesso, con ampio spazio per due pantomime, in cui Kurt Weill può dare libero sfogo ad una splendida partitura sinfonico espressionista. Il canto è sempre teso, drammatico, incentrato sulla parola, ma con ampi spazi lirici. La drammaturgia è serrata ed efficace. Il finale è straniante e patologico, con il protagonista - nessuno dei personaggi ha un nome vero e proprio ma viene connotato solo dalla funzione – che uccide la sorella in preda a una folle identificazione fra uomo e personaggio.
Una bella riscoperta per la Fondazione Teatro La Fenice, che ha affidato regia, scene, costumi e luci ad un regista di lungo corso, esperto di cose tedesche, come Ezio Toffolutti.
La messa in scena è di estrema efficacia, con una riuscita trasposizione dell’antefatto ai tempi della composizione dell’opera, mentre la pantomima viene lasciata ai supposti tempi shakespeariani. Le scene si affidano a poche pedane utilizzate in modo semplice ma molto funzionale. La cura della recitazione è convincente e precisa, con la pantomima comica in grande spolvero e una accurata resa teatrale complessiva dei personaggi. Lo svolgimento si segue senza sforzo, tutto funziona e si incastra alla perfezione, in un’organizzazione scenica registica tanto più presente in quanto sparisce e lascia libero gioco al testo e alla musica.
La compagnia di canto, tutta composta di specialisti d’oltralpe, brilla sia dal punto di vista canoro che recitativo. Finalmente abbiamo trovato una buona mediazione fra canto, sempre efficace, teso, svettante e recitazione professionale e appagante.
Matthias Koziorowski convince appieno nell‘impegnativa parte del titolo. Il tenore tedesco regala un’interpretazione febbrile e appropriata nel canto, con facili salite all’acuto; unita ad una recitazione diretta, spiccia, estremamente naturale. Una bella prova per lui.
Martina Welschenbach offre convincenti assoli lirici, supportati da una voce omogenea che cavalca senza difficoltà il fiume sonoro della partitura di Weill. Al suo fianco Dean Murphy (il giovane signore) sfoggia voce timbrata e convincente aderenza alla parte.
Meno coinvolti dal punto di vista canoro gli altri protagonisti, ma in grande spolvero per le pantomime recitate. Dei veri e propri cantanti attori, e scusate se è poco: Alexander Geller, Zachary Altman, Szymon Chojnacki, Matteo Ferrara, Franko Klisović.
Markus Stenz dirige magistralmente la partitura di Weill, ottenendo dall’Orchestra del Teatro La Fenice un suono turgido e pieno: esalta gli aspri contrasti delle sezioni e fa ribollire il magma sonoro espressionista della composizione.
Molti e convinti applausi nel finale.
Raffaello Malesci (Venerdì 2 Maggio 2025)