Recensioni - Opera

Verdi in bianco e nero con un tocco di rosso

Un’intera serata di balletto dedicata al grande maestro per il bicentenario della sua nascita

Il programma presentato dal corpo di ballo dell’arena di Verona per omaggiare Verdi a duecento anni dalla nascita è stato ricco di titoli e brani musicali inconsueti.
Le coreografie hanno voluto rappresentare una sfida musicale per Renato Zanella, dopo i lavori già montati negli anni scorsi sulle composizioni di Stravinsky e Ravel. I brani scelti sono stati per lo più ouvertures e arie per piano e voce, evitando appositamente le partiture scritte da Verdi per il balletto. Come scrive lo stesso Zanella nelle note di regia, “il balletto non vuole raccontare una storia, ma diventa un viaggio nella sua musica cercando di interpretarla; si lascia trascinare nel sentimento, nella passione, rabbia, umore, solitudine, patriottismo e alla fine del suo viaggio diventa un altro, un po’ come quando si va ad assistere ad uno spettacolo e alla fine ci si sente diversi”. Cercando Verdi è tra i pochissimi eventi di balletto dei teatri istituzionali intermente dedicato al grande maestro di Busseto.

La scena si è aperta con il Preludio tratto da Un ballo in Maschera interpretato da Mikhail Kaniskin che si è esibito in un bel manege di grand jetés e alla fine, aprendo il sipario a metà del palcoscenico ha introdotto il nuovo gruppo di danzatori. L’idea del teatro nel teatro, ovvero della scena nella scena è stata vincente ed ha suscitato ogni volta una curiosità maggiore da parte del pubblico di vedere quello che stava per accadere nel momento successivo.
Nove uomini interamente vestiti di nero hanno danzato sulle note di Alzira muovendosi tra uno stile che oscillava dal classico al contemporaneo mescolato ad elementi di passo a due al momento dell’entrata in scena di Alessia Gelmetti. A Verona Zanella si è sentito libero di spaziare in un vocabolario arricchito da gesti che vanno ben oltre il linguaggio codificato del classico e i danzatori hanno ballato con scarpe da punta, mezza e anche a piedi scalzi.
L’idea di un ballerino che “bussa” alla porta e di volta in volta introduce i vari brani è stata ripetuta poi anche successivamente ed è stata un piacevole diversivo per avviare i diversi balletti.
Il terzo brano, tratto dall’Esule, ha previsto l’intervento del soprano Teona Dvali. Il gruppo delle donne, che ha danzato accompagnato dalla cantante, è sembrato meno sincronizzato di quello degli uomini. L’espediente della tenda bianca che ondeggiava sullo sfondo come mossa del vento ha movimentato la scenografia vuota, ma non per questo sgradita. Bello il passo a due interpretato da Amaya Ugarteche e Antonio Russo sulla musica dell’Ernani. A chiusura del primo tempo è stata presentata l’ouverture della Forza del Destino e il registro è decisamente cambiato: tutti i ventun ballerini hanno danzato in uno stile che per l’abbigliamento era a metà con l’hip hop (pantaloni mimetici neri e rossi sormontati da una canotta nera) e anche i gesti erano in divenire tra classico, moderno, contemporaneo e qualche nota, se non proprio di hip hop, di danza afro. Le coreografie di gruppo create da Zanella sono state davvero molto apprezzate dal pubblico veronese, anche se le possibilità del corpo di ballo non sono state valorizzate appieno.
Il secondo tempo ha aperto sulle note del Preludio dei Masnadieri con l’entrata in canone di nove coppie. Poi è stata nuovamente la volta di un’aria tratta dalla Seduzione e l’idea di collocare il pianoforte sul palcoscenico con cantante e ballerina vestite alla stessa maniera ha aumentato il fascino della scena.
Belle infine le due coreografie danzate sia dagli uomini (Macbeth) che dalle donne (Luisa Miller) nelle quali ancora sono stati riproposte entrate ed uscite a canone. Lo spettacolo ha avuto due momenti di chiusura: il passo a due sulle trascinanti note dell’ouverture della Traviata interpretata da Alessia Gelmetti e Mikhail Kaniskin e la caduta dall’alto degli spartiti che hanno strappato l’ultimo applauso.


Sonia Baccinelli 18 maggio 2013