Recensioni - Opera

Verona: All’Arena un’Aida cameristica di grande fascino

Raffinatissima la concertazione di Riccardo Muti nell’esecuzione in forma di concerto che ha inaugurato il festival veronese

Nel dicembre del 1871, esattamente 150 fa, debuttava al Teatro del Cairo Aida di Giuseppe Verdi. Da sempre considerata opera-kolossal, soprattutto per la presenza della scena del trionfo, Aida è via via assurta a titolo di riferimento per le stagioni che si svolgono all’aperto, a partire da quando nel 1913 inaugurò le rappresentazioni operistiche all’Arena di Verona, Festival di cui è diventata il simbolo.
In realtà alla base di ciò vi è un sostanziale equivoco: in Aida le scene di massa sono solamente due, il trionfo ed il finale del primo quadro del primo atto. In tutto il resto dell’opera i personaggi in scena raramente sono più di due ed anche la scena corale della consacrazione nel tempio è caratterizzata da una profonda ieraticità.

Aida è infatti un’opera intimista (illuminante a questo proposito è l’incisione capolavoro che ci ha lasciato Nikolaus Harnoncourt) il cui fulcro è il contrasto tra i sentimenti dell’individuo, ovvero l’amore tra Aida e Radames, ed una società oppressiva rappresentata dalla casta dei sacerdoti, forze contro cui si scontrerà più volte Amneris uscendone anch’essa sconfitta. Aida è quindi un dramma umano, intimista, ed è in questa direzione che si orienta la lettura che Riccardo Muti ha dato nell’edizione in forma di concerto che ha inaugurato la stagione estiva dell’Arena di Verona in occasione del centocinquantenario dell’opera.

Nonostante la vastità dello spazio areniano, cui si è cercato di sopperire con un sistema di “rinforzo del suono” non sempre impeccabile, il Maestro Muti ha impresso all’orchestra ed al coro della Fondazione Arena delle sonorità raccolte, quasi cameristiche, che hanno fatto risaltare il raffinato lavoro di cesello sulla partitura, scavando nella psicologia dei personaggi e restituendoci un’Aida meno monumentale e più umana. La stessa scena del trionfo è stata sfrondata da tutta la retorica che normalmente le viene attribuita: il tono appariva dimesso, come se nei festeggiamenti riecheggiasse l’eco della guerra appena conclusa e dei lutti subiti anche dai vincitori. Oltre ai ballabili, straordinariamente diretti, questa edizione ha raggiunto il suo vertice nel terzo e quarto atto, peraltro i più riusciti anche dal punto di vista musicale, nei quali il dramma dei protagonisti è stato esaltato da una concertazione attentissima e pulsante di vita.
Aida è un’opera in cui non ci sono vincitori ed a prevalere è lo status quo della casta sacerdotale equesto traspare nettamente dall’interpretazione di Muti.

Nel complesso un’edizione del titolo verdiano che ha conquistato dalla prima all’ultima nota e che resterà a lungo negli annali dell’Arena, grazie anche ad un cast omogeneo ed in sintonia con l’impostazione del direttore.
Decisamente più interessante il versante femminile, che vedeva schierate l’Ada debuttante di Eleonora Buratto e l’Amneris ampiamente consolidata di Anita Rachvelishvili. Eleonora Buratto ha dato vita ad una principessa etiope espressiva e ricca di accenti. Il timbro morbido e suadente ha mostrato grande duttilità rispetto alle indicazioni che giungevano dal podio, offrendo un’esecuzione di grande valore. Al suo fianco nel ruolo antagonista Anita Rachvelishvili, pur non raggiungendo gli straordinari livelli della sua Amneris scaligera dello scorso autunno, si è contraddistinta per il timbro rigoglioso, svettante nell’acuto e timbratissimo nel registro grave e per una coinvolgente interpretazione. Azer Zada ha sfoggiato un materiale vocale interessante che però avrebbe bisogno di ulteriore affinamento. Il timbro è bello ed il lavoro di preparazione con Muti ha dato buoni frutti, tuttavia il suo Radames non ha conquistato sino in fondo. Di grande professionalità ma non sempre incisivo l’Amonasro di Ambrogio Maestri. Vocalmente ineccepibile, il baritono parmense ha tratteggiato un re degli etiopi sobrio ma poco carismatico. Convincenti le prove dei due bassi: Riccardo Zanellato (Ramfis) e Michele Pertusi (Il re) ed appropriati gli interventi di Riccardo Rados (Messaggero) e Benedetta Torre (sacerdotessa).
Buona la prova del coro diretto da Vito Lombardi.

Al termine vivissimo successo di pubblico da parte di un’Arena non completamente esaurita che ha salutato con calore tutti gli interpreti riservando un trionfo personale a Riccardo Muti.