Recensioni - Opera

Verona: Leo Nucci mattatore in Gianni Schicchi

L’atto unico di Puccini per la prima volta nell’anfiteatro veronese in forma semiscenica

Unica opera completa presente nel cartellone 2020, Gianni Schicchi di Giacomo Puccini ha debuttato sul palcoscenico dell’Arena di Verona in una versione semiscenica che ha avuto come protagonista assoluto Leo Nucci, nel doppio ruolo di cantante e responsabile della messinscena.

Gianni Schicchi è l’ennesima novità cui il pubblico areniano ha potuto assistere nel corso di questa stagione per molti versi sperimentale. Questo titolo non era infatti mai stato rappresentato sul palcoscenico scaligero né da solo, né come parte dell’intero Trittico di cui è il pannello conclusivo. Ovviamente la situazione di emergenza ha impedito che venisse realizzato un allestimento perfettamente compiuto, ma si è trattato di una versione semiscenica in abiti contemporanei, in cui intenzioni e movimenti erano in buona parte stilizzati. Per questo motivo, l’azione si è svolta alle spalle del direttore d’orchestra, dove era stato posizionato un letto -unico oggetto presente- nel quale era posizionato un pupazzo a rappresentare la salma di Buoso Donati.

Nonostante i limiti dettati dalle circostanze, Leo Nucci, grazie alla sua indiscussa esperienza, è riuscito a dare vita ad una rappresentazione simpaticamente efficace, nonostante qualche tratto forse un po’ caricaturale,  in cui i vari cantanti si muovevano con disinvoltura, contagiati dalla sua inesauribile energia.
Nonostante la lunga carriera alle spalle ed una voce che ha inevitabilmente perso in freschezza, il baritono emiliano si conferma sempre mattatore in scena ed interprete di gran classe ed il suo Schicchi tiene alla perfezione le redini dello spettacolo, sia dal punto di vista scenico che vocale.
Al suo fianco spicca la bravissima Lavinia Bini che, grazie ad un legato morbidissimo e grande cura nel fraseggio,  delinea una Lauretta da manuale. Bene si disimpegna anche Enea Scala nel ruolo di Rinuccio, anche se, ad una bella emissione ed un buon registro centrale, fa fronte un timbro che tende ad inaridirsi nella salita all’acuto. Adeguato il versante maschile dei parenti, ovvero Marcello Nardis  (Gherardo), Zeno Barbarotto (Gherardino), Biagio Pizzuti (Betto), Giorgio Giuseppini (Simone), Gianfranco Montresor (Marco), Dario Giorgelè (Maestro Spinelloccio), Nicolò Ceriani (Ser Amantio), Maurizio Pantò (Pinellino), Nicolò Rigano (Guccio), mentre non sempre a fuoco è sembrato quello femminile, rappresentato da Rosanna Rinaldi (Zita), Rosanna Lo Greco (Nella),  Alice Marini (La Ciesca).

Francesco Ivan Ciampa ha diretto con grande espressività e ricchezza di colori, anche se in alcuni passaggi l’orchestra tendeva a coprire le voci, ma questo è probabilmente imputabile alla posizione dell’orchestra stessa, quest’anno non in buca ma sullo stesso livello dei cantanti. 
La serata si è conclusa tra gli applausi con una serie di bis, ovvero le arie “Firenze è come un albero fiorito”, “O mio babbino caro” ed il finale dell’opera, mentre Nucci si è concesso un gustoso fuori programma regalando al pubblico la cavatina di Figaro dal Barbiere di Siviglia