Recensioni - Opera

Verona: Spumeggiante e giovanile Scala di seta

L'opera buffa rossiniana per la prima volta al Filarmonico. Convince il giovane cast su cui spicca il Germano di Emmanuel Franco

La Scala di Seta, farsa comica in un atto di Rossini su libretto di Giuseppe Maria Foppa viene rappresentata per la prima volta al Teatro Filarmonico di Verona con un allestimento gradevole ed un buon cast, facendo trascorrere al pubblico una piacevolissima serata. Una lacuna che andava sicuramente colmata, vista l’ottima riuscita della serata.

La vicenda viene ambientata negli anni ‘30 in un signorile negozio di stoffe dalle tinte pastello dove Dorvil, sposato in segreto con Giulia, usa una scala di seta per poter vedere la sua sposa ogni sera. Tutto lo spettacolo è costruito con assoluto buon gusto e la messa in scena, seppur ambientata ad inizio ‘900 risulta per certi versi quasi tradizionale, nella accezione più positiva di questo termine.

Il cast è interamente costituito da interpreti giovani, fatta eccezione per Carlo Lepore nel ruolo di Blansac. Il giovane soprano Eleonora Bellocci interpreta una Giulia dalla tecnica sicura ed energica, dotata di fascino e femminilità. La difficile aria “Il mio ben sospiro e chiamo” è stata eseguita in modo totalmente convincente e senza alcuna sbavatura. Matteo Roma, nel ruolo di Dorvil, è un tenore che ben si fa apprezzare nell’interpretazione rossiniana. Personaggio e canto sono in sintonia con quello della sua amata e restituiscono un’ottima resa scenica e musicale. Molto apprezzata l’interpretazione di “Vedrò qual sommo incanto”.

Carlo Lepore, basso napoletano di innegabile maestria e ottimo interprete del repertorio rossiniano, dipinge un Balnsac ingenuo ed irresistibile allo stesso tempo; uno gigolò d’altri tempi che incanta o tenta di incantare le fanciulle riuscendo a passare di fiore in fiore senza mai risultare fastidioso, dato che le sue buone intenzioni, in fondo, sono sotto gli occhi di tutti. Nel cast eccelle senza ombra di dubbio Emmanuel Franco nel ruolo di Germano le cui doti attoriali in più punti fanno dimenticare che sia lì per cantare. In alcuni momenti, quando si sostituisce al manichino in abito da sposa o cerca di nascondersi sotto il piccolo tavolino a proscenio, suscita un’ilarità tale che pare di assistere ad un vaudeville. Un comico mancato verrebbe da dire! In ogni caso, del tutto apprezzabile anche per le doti vocali da non sottovalutare. Brava anche Caterina Piva nel ruolo di Lucilla, civettuola quanto basta per attirare le attenzioni di Balnsac. Interessante Manuel Amati, un Dormont nervosetto, ma che poi cede ai fatti e si rassegna senza opporre resistenza alle altrui decisioni.

Graziosissima la regia di Stefania Bonfadelli, corredata dalle scene essenziali e convincenti di Serena Rocco. Eleganti i costumi disegnati da Valeria Donata Bettella. Efficaci le luci di Fiammetta Baldiserri. Il giovanissimo Nikolas Nägele, arrivato da Radolfzell am Bodensee, piccola città che in estate ospita il celebre Bregenzer Festspiele, ha ben diretto l’orchestra della Fondazione Arena di Verona. La sua direzione è stata briosa e ricca di quella giovialità che si addice a questa graziosa opera buffa.

Sonia Baccinelli