Recensioni - Opera

Verona: inaugurazione al femminile per il Teatro Filarmonico

La stagione 2022 della fondazione Arena apre con Il segreto di Susanna di Wolf-Ferrari e Suor Angelica di Puccini

La programmazione invernale degli ultimi anni della Fondazione Arena di Verona al Teatro Filarmonico è stata caratterizzata dalla riscoperta di alcuni interessanti atti unici appartenenti al repertorio a cavallo tra otto e novecento. Una scelta dettata in buona parte dalla situazione pandemica, che ha costretto alla produzione di titoli più agili, per far fronte alle difficoltà ed alle incertezze che hanno caratterizzato quest’ultimo periodo, che d’altra parte ha brillato per l’originalità della proposta.
La stagione 2022 è stata inaugurata dal dittico, originariamente programmato per il 2020, costituito da Il segreto di Susanna di Ermanno Wolf-Ferrari e Suor Angelica di Giacomo Puccini. Se il dramma che costituisce il pannello centrale del Trittico è ampiamente entrato in repertorio, altrettanto non si può dire dell’altro titolo che ha costituito una piacevole sorpresa.

Il segreto di Susanna è un divertente intermezzo che strizza l’occhio al vaudeville e che si basa sulla classica commedia degli equivoci: Il conte Gil sente odore di fumo in casa e crede che la moglie frequenti un amante quando in realtà è proprio lei a fumare, segretamente.  Musicalmente la partitura, datata 1909, ha più di un motivo di interesse: gli echi post wagneriani che caratterizzano la scrittura di Wolf-Ferrari sono infatti qui stemprati da una sottile ironia che rende l’ascolto estremamente piacevole.
La regia, affidata alla pronipote del compositore Federica Zagatti Wolf-Ferrari ambienta la vicenda in un tradizionale interno borghese di inizio ‘900 (scene di Serena Rocco, costumi di Lorena Marin) e si dipana in modo lineare, molto garbato, senza soluzioni particolari che lascino il segno. I protagonisti agiscono come ci si aspetterebbe ed anche il cameriere Sante, interpretato da Roberto Moro, che non profferisce parola, è costruito secondo schemi ampiamente consolidati. Sostanzialmente una tranquilla messinscena. Decisamente apprezzabile la prova dei cantanti: Vittorio Prato è un Gil disinvolto, dalla voce ben proiettata, convincente nei suoi accessi di gelosia, mentre Lavinia Bini è una Susanna giovanile, dal timbro luminoso e dal raffinato fraseggio.

Meno sorprese ha riservato la più conosciuta Suor Angelica, firmata sempre da Serena Rocco e Lorena Marin ma con la regia di Giorgia Guerra, che ha ambientato la storia in un convento in cui il nero era il colore dominante: dalle lucide colonne alla statua della Madonna. La prima parte ha visto le suore impegnate in un continuo viavai che tendeva disorientare lo sguardo, mentre dopo la discussione con la Zia Principessa, svoltasi in piedi, quasi a proscenio, la regia si è distinta nella scena della morte, caratterizzata dall’infrangersi al suolo della statua della Vergine a significare la mancata grazia. Una visione cupa e opprimente che comunque ha avuto una sua coerenza.
Giunta all’ultimo momento a sostituire l’indisposta Donata D’Annunzio Lombardi, Chiara Isotton è una Suor Angelica energica e di grande carisma. Il soprano bellunese ha un timbro rigoglioso ma estremamente duttile che le ha consentito di rendere la complessità del personaggio e di cesellare con grande intensità l’aria Senza mamma. Graziella De Battista è un’autorevole Zia Principessa dal bel registro mezzosopranile, mentre nel gruppo delle consorelle, in parte penalizzato dal fatto di cantare con la mascherina, si segnalano le prove di Rosanna Lo Greco (Suor Genoveffa) ed Elisa Fortunati (Sorella Infermiera).

Sul podio dell’Orchestra della Fondazione Arena Gianna Fratta si è ben disimpegnata in entrambe i titoli, dando prova di maggior disinvoltura nella partitura di Puccini rispetto a quella di Wolf-Ferrari. Purtroppo, come già si era riscontrato in altre occasioni, la scelta di posizionare l’orchestra a livello della platea, per le note questioni di distanziamento, complice un non corretto bilanciamento dei piani sonori, ha penalizzato l’ascolto coprendo in più occasioni i cantanti.
Calorosa nel finale la risposta del pubblico che, dopo le prolungate assenze in epoca di pandemia, sta ricominciando a popolare la platea del Filarmonico.