Recensioni - Opera

Verona rende omaggio a Stravinsky

Apollo e Uccello di fuoco nelle coreografie di Antonio Zanella al Filarmonico

Tra gli innumerevoli titoli composti per il balletto dall’allievo più promettente di Rimskij-Korsakov, l’ente lirico scaligero ha scelto per questa nuova produzione l’Apollo e l’Uccello di fuoco. Entrambi i titoli sono poco rappresentati nei cartelloni dei vari teatri e quindi va decisamente premiata una scelta così coraggiosa.
In realtà la Fondazione ha invitato Zanella veronese di nascita, ma viennese di adozione, a lavorare sulle musiche di Stravinsky esprimendo una particolare preferenza per l’Apollon Musagète; il coreografo a sua volta ha proposto, per concludere il programma,  il tema dell’Oiseau de Feu, facendo scaturire un connubio perfetto per la serata.
Confrontarsi con la raffinatissima coreografia dell’Apollo di Balanchine è stato non solo un grande atto di coraggio da parte di Zanella, ma anche la rivoluzione di uno schema di successo. Balanchine stesso ha rimesso mano alla sua coreografia togliendo il prologo e trasformando il titolo da Apollon Musagète in Apollo. Zanella si è proposto di mantenere entrambi gli allestimenti nella loro integrità musicale ed ecco quindi che la sua coreografia di Apollo inizia dal prologo con la nascita del Dio sull’isola di Delo. L’incipit è stato molto scenografico, con Picone nei panni di Apollo che entra dal fondo della platea e si rivolge direttamente alle statue poste ai lati del sipario: le due sculture ricordano vagamente Tersicore e il Dio stesso. Il Dio della Musica può permettersi un gesto tabù: toccare la spalla del direttore d’orchestra che dà inizio all’opera. Zeus direttore dell’Olimpo a questo punto esce dal sipario ancora chiuso e con uno sguardo gela il proprio figlio appena venuto al mondo; il giovane fugge rifugiandosi nel caldo abbraccio della madre Leto (Ghislaine Valeriani). Per Zeus, impersonato da Giovanni Patti, Zanella ha scelto un look da film horror: trucco ed abbigliamento dipingono un profilo violento e terrificante, come spesso accade ai personaggi interpretati dal primo ballerino veronese. Nel prologo  sono in scena tutte le Muse nel tentativo di far rivivere lo spirito del Gesamkunstwerk nel quale Stravinsky aveva concepito la partitura: erano anni in cui all’arte si attribuiva un grande valore educativo e non solo. Lo spettacolo perciò punta a ristabilire un “rapporto diretto tra l’evoluzione del protagonista, con la sua frequentazione delle Muse, simbolo del teatro, della musica e della danza, arti grazie alle quali egli raggiunge una dimensione superiore, così come lo spettatore che frequenta il teatro per un suo arricchimento culturale e spirituale”.
Brave Bojana Nenadovic Otrin (Calliope), Elisabetta Candido (Era) e Scilla Cattafesta (Polimnia), in particolare nel galop finale in canone di grand jetés con Apollo fatto sia di fronte che di spalle al pubblico; decisamente suggestiva la decisione di terminare il balletto facendo uscire Picone nudo aprendo il fondale del palco e puntando un faro contro gli spettatori per far risaltare in controluce il fisico statuario del ballerino napoletano.
Se nell’Apollo trionfa il lirismo della danza sull’aspetto narrativo, nell’Uccello di Fuoco prevale la dimensione fiabesca. La direzione musicale di Wiktor Bockman è stata davvero raffinata e commovente. Zanella ha scelto di minimizzare le scene, forse anche per ragioni di costi, visti i tempi di ristrettezze economiche in cui versano i teatri. Al centro della scena è appeso un acquerello di Bask mai utilizzato in precedenza. Per inseguire il meraviglioso Uccello di Fuoco, il principe Ivan viola il giardino segreto del perfido Mago Katschej; lì incontra le bellissime principesse che il Mago tiene prigioniere. Sotto l’albero delle mele d’oro il principe Ivan cattura l’Uccello di Fuoco che per ritornare libero gli dona una delle sue magiche piume che lo proteggeranno dal Mago nel momento in cui il principe frantumerà l’uovo che custodisce il potere degli incantesimi di Katschej. Maria Kousouni che ha vestito i panni dell’Uccello di Fuoco è stata davvero magnifica: tecnica forte, punte d’acciaio e muscolatura sempre vibrante per tutta la sua apparizione in scena. Forse ha mancato di espressività nel momento in cui il principe la cattura: non c’è stata nessuna espressione di timore e né di paura negli occhi, così come nelle braccia e nel volto. Puliti Antonio Russo (principe Ivan) e Ilenia Montagnoli (principessa) nel passo a due del loro incontro, grazie alle scelte del coreografo di utilizzare i ballerini per quello che sono e per il tipo di preparazione che hanno.


Sonia Baccinelli 18 febbraio 2011


Lavorare sulle musiche di un grande compositore come Stravinsky è senz’altro molto stimolante, ma anche difficile. Le sue partiture sono sempre variegate, il ritmo è  brillante e la melodia straordinariamente moderna anche dopo cento anni dal suo debutto.