Recensioni - Opera

Werther nel ricordo di Charlotte

Pieno successo del capolavoro di Massenet al Teatro Filarmonico

Terzo titolo della stagione invernale della Fondazione Arena Werther di Jules Massenet è tornato a Verona al Teatro Filarmonico dopo un’assenza di oltre 40 anni nell’allestimento creato da Stefano Vizioli (regia), Emanuele Sinisi (scene) e Anna Maria Heinreich (costumi) per il Circuito lombardo nel 2021.

Trattandosi di una produzione nata in tempo di Covid la regia risente delle limitazioni imposte all’epoca: pochi ed essenziali i movimenti in scena nel pieno rispetto delle distanze di sicurezza. Nonostante ciò, pur mantenendo un’impostazione abbastanza tradizionale, lo spettacolo risulta visivamente accattivante e drammaturgicamente ben gestito.
La scena, è delimitata da una quadratura bianca la cui parete di fondo ricorda un foglio stropicciato, chiaro riferimento alla natura epistolare del romanzo di Goethe cui Massenet si è ispirato, ed infatti nella scena della lettera sul fondale si materializzano le parole di Werther che rimarranno scolpite nel cuore di Charlotte. Altre proiezioni vengono utilizzate da Vizioli per sottolineare il romanticismo dell’opera: le venature di una foglia sfiorata da una mano, la luna che sorge, due volti che si baciano; immagini che ben si fondono con la musica riuscendo ad evitare il rischio dell’eccessivo didascalismo.
Ben gestita anche l’idea che tutto avvenga nella memoria di Charlotte, che appare ormai anziana a proscenio nel preludio del primo atto e che nel quarto atto, di nuovo invecchiata, rivive la morte di Werther come un ricordo, infatti lei in sedia a rotelle a proscenio e lui agonizzante sul letto non interagiscono mai, a sottolineare la distanza temporale. Una soluzione nel complesso efficace che suggella uno spettacolo apprezzabile e ben riuscito.

Soddisfacente anche l’aspetto musicale che ha visto in Dmitry Korchak un Werther romantico ed appassionato, raffinato fraseggiatore in forza di un solido registro centrale ed acuti luminosi e ben proiettati. La tenuta vocale è impeccabile e l’interpretazione assolutamente credibile. Al suo fianco l’ottima Charlotte di Chiara Tirotta che ha sfoggiato un bel timbro brunito ed una solida linea di canto che le hanno consentito di costruire un personaggio sfaccettato e ricco di sfumature. Gëzim Myshketa ha dato voce ad un Albert nobile ed elegante, piegando il suo robusto mezzo vocale ad un canto sfumato, pur non rinunciando ad impeti passionali. Squillante e timbratissima la voce della brava Veronica Granatiero, interprete di una Sophie dalla vitalità contagiosa, mentre Youngjun Park è stato un Borgomastro autorevole.  Valide le prove di Gabriele Sagona (Johann), Matteo Mezzaro (Schmidt) e del Coro di voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani.
Alla testa dei complessi areniani Francesco Pasqualetti ha diretto con mano sicura mantenendo sempre saldo il filo della narrazione pur senza rinunciare a qualche abbandono romantico soprattutto nelle pagine sinfoniche.
Al termine applausi calorosissimi da parte di un Teatro Filarmonico purtroppo pieno solo in parte.