Recensioni - Opera

Intervista a Raffaele Pe

Il celebre controtenore racconta dei suoi progetti ai tempi del Covid 19

Lo scorso 13 gennaio, un muro di nebbia avvolgeva in un sonno surreale la nostra Pianura; tempo due mesi, e a calare, altrettanto silenzioso, sarebbe stato l’abbraccio mortale del virus. Allora, per la prima volta nella nostra vita, all’idea di dover tra mille rimpianti anteporre la pelle alla musica, avevamo saltato un concerto degli Amici della Musica di Lodi: quello, attesissimo, che vedeva il ritorno nella sua città di Raffaele Pe insieme alla sua Lira di Orfeo. Poi, all’ultimo, l’idea di seguirlo, nota per nota, da telefono, grazie a microfoni piazzati da amici indulgenti. Un’ora di pura grazia che ricorderemo a lungo. Senza saperlo, avevamo sperimentato in anteprima, e con mille sensi di colpa, quella che oggi è l’unica modalità per condividere ascolti musicali, da quando il distanziamento sociale impone teatri chiusi e platee deserte. Abbiamo raggiunto telefonicamente il controtenore che da anni fa di Lodi una delle eccellenze mondiali, per fare con lui il punto sullo stato dell’arte ai tempi del Covid 19.

E partiamo proprio da quella sera indimenticabile (di cui segnaliamo la recensione).

“Per me, quella sera ha il sapore dell’abbraccio sincero con la mia gente. Ma soprattutto ha il volto di Paolo Motta, che in quell’occasione ho visto per l’ultima volta. Una perdita inattesa e terribile. Un appassionato sincero e vitale, un infaticabile tessitore di occasioni di musica”.

 Cos’è cambiato nella sua vita personale e professionale in queste settimane così drammatiche?

“Direi che sono cambiati i paradigmi fondamentali. È mutato il tempo e l’approccio. Fino a fine febbraio la mia vita è stata scandita da viaggi, hotel, prove, recite, spostamenti, di nuovo viaggi. Oggi tutto avviene in casa dove sono comunque molto attivo: studio, mi confronto, ricerco, rifletto, sto con la mia famiglia. Certo, mi manca moltissimo la dimensione fisica del concerto, il contatto con il pubblico. Ma credo che in questa fase le priorità debbano essere giustamente altre. La musica è un bene assoluto, ma non può essere perseguita a rischio della salute”.

Nel frattempo, però, sembra essere esplosa la voglia di condividere momenti musicali con ogni mezzo possibile…

“Assolutamente. La fame di musica va di pari passo con quella di socialità. E le tecnologie stanno offrendo un’arma potentissima per controbattere alla clausura con una controffensiva quanto mai preziosa”.

Il futuro della musica sarà quindi, a Suo parere, sempre più legato al web ed ai social?

“Niente potrà mai sostituire l’esperienza della dimensione esperienziale. Ma di fatto, questo lock down generale ci ha costretti a ripensarci, e a decidere se soccombere o se inventarci nuove strade. Sicuramente le tecnologie consentono di veicolare idee, condividere scambi, divulgare messaggi in simultanea, raggiungendo i luoghi più disparati del mondo. Questo potenziale andrà tesaurizzato”.

Come?

“Con La Lira di Orfeo stiamo già lavorando per utilizzare i canali e le realtà già presenti sul territorio per condividere a livello internazionale un patrimonio di materiale musicale ed esecutivo che oggi rappresenta a mio avviso una delle molle decisive per la rinascita di una città. E la musica è l’arte che più di ogni altra può attraversare qualsiasi barriera fisica ed introdursi nel mondo di chi la fruisce, anche a migliaia di chilometri di distanza. Quindi ripartire dalla nostra filiera corta, farci promotori di un nuovo umanesimo che vada a ricostruire sulle macerie di una simile devastazione, sfruttando i mezzi del nostro tempo, sarà la nostra mission: aprire gli archivi e i forzieri, portare alla luce i tesori sommersi e farli vivere. Con la rivista Amadeus abbiamo già un progetto in cantiere”.

Resistere, come sulla linea del Piave, insomma, là dove la battaglia è stata particolarmente aspra…

“Lodi ha pagato un prezzo altissimo, è stata colpita al cuore. Se da oggi saprà valorizzare e veicolare le sue eccellenze anche immateriali potrà ripartire. La cultura, insieme alla scienza, dovrà essere un pilastro”.

Cosa dovremo aspettarci, una volta passata la bufera?

“Potrei fare un lungo elenco. Mi limiterò ad un esempio: una sorta di tournée con La Lira nei luoghi colpiti da Covid. E con la presenza a noi cara dell’amico Ezio Bosso come divulgatore d’eccezione”.